Novembre 21, 2024
bollettino della società di studi valdesi 1848-1948

La ricerca storica ha costituito il filo conduttore delle attività della Società di Studi Valdesi da quando fu fondata a Torre Pellice, nel settembre del 1881, con l’intento di promuovere studi e ricerche sulla storia e sulla diffusione del movimento valdese e sulle Chiese sorte con la Riforma protestante. La Società, che allora si chiamava «Société d’Histoire Vaudoise», nel maggio del 1884 pubblicò il primo Bollettino, il «Bulletin de la Société d’histoire vaudoise», redatto in francese, lingua identitaria del mondo valdese. I soci fondatori si proponevano di raccogliere documenti d’archivio, effettuare studi topografici e studi linguistici sui dialetti locali, collezionare antichità, raccogliere canti popolari, studiare usanze e costumi.La Società nasceva come associazione indipendente, al di fuori delle istituzioni ecclesiastiche, e tale carattere sarebbe diventato nel tempo il tratto distintivo che le avrebbe permesso di dialogare con il mondo laico, con quello cattolico e con la cultura protestante nelle sue tante espressioni. 

Pubblicazione di documenti e memorie, in particolare a partire dalla celebrazione nel 1889 del bicentenario della «Glorieuse Rentrée», renderanno il Bulletin una miniera di documenti inediti e un laboratorio di ricerca da cui scaturì il primo impegnativo lavoro storico di Pietro Rivoire, nel 1894, sulla Storia dei Signori di Luserna, frutto di uno approfondito scavo archivistico. Alla fine dell’Ottocento il Bulletin cominciò a valersi anche della collaborazione di Emilio Comba, pastore valdese e storico di vaglia, che rinnovò la storiografia protestante in Italia. In seguito altri storici valdesi, come Jean Jalla e Arturo Pascal, tracceranno le linee di una vera e propria “storiografia valdese”.

Sin dalle origini il Bullettin, pur essendo una rivista interna al piccolo mondo delle Valli, era aperto a scambi con altre Società, sia in Italia sia all’estero, in particolare in Francia, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in Germania. Ciò spiega perché alla fine dell’Ottocento la Società di Studi Valdesi si ponesse l’obiettivo di coinvolgere nella direzione della rivista non solo professori del Collegio di Torre Pellice, ma anche studiosi esterni alle Valli che dessero nuovo impulso allo studio e alla ricerca. Intanto si poneva la questione della lingua, in parallelo con l’evangelizzazione in Italia, che stimolò l’allargamento di prospettive politiche e religiose, riscontrabile nella progressiva presenza di articoli redatti in italiano.

Durante il fascismo, con la politica dell’italianizzazione forzata che coinvolse soprattutto il Sudtirolo tedesco, la Valle d’Aosta e le Valli valdesi, l’uso del francese fu vietato nelle scuole locali, ma tollerato nei culti e nell’insegnamento religioso. In questo clima si comprende perché nell’aprile 1934, senza alcuna spiegazione ufficiale, il Bulletin divenisse «Bollettino della Società di Storia Valdese». Non va dimenticato che in quello stesso anno era stato creato il Ministero per la stampa e la propaganda fascista, che non vedeva di buon occhio pubblicazioni, soprattutto locali, che non fossero in lingua italiana.

Nel settembre 1935, poi, la Società fu costretta a diventare «Società di Studi Valdesi», come spiegato in una imbarazzata Prefazione sul Bollettino, che citava la delibera del ministro dell’Educazione Nazionale Francesco Ercole «al fine di coordinare le attività degli Istituti culturali sottoposti alla tutela o alla vigilanza dello Stato e per renderne, ove occorra, più efficace il funzionamento, nonché per adeguare sempre più le finalità di tali Enti alle esigenze del nuovo clima spirituale della Nazione».La Società e il Bollettino erano finiti sotto il controllo dello Stato fascista, che impose il cambiamento di nome al fine di limitarne almeno formalmente l’autonomia: non più Società di Storia Valdese, troppo identitaria nella dicitura, ma più genericamente Società di Studi valdesi.La «Giunta Centrale per gli Studi Storici», che riorganizzò in modo centralistico gli istituti di storia e che irreggimentò anche le Deputazioni di storia patria, tradizionalmente autonome, fu tuttavia più tollerante nei confronti della Società: «La Società Storica Valdese potrà continuare la sua attività come organismo Autonomo purché assuma la denominazione di Società di Studi Valdesi», come veniva notificato il 6 aprile del 1935 per mezzo della Prefettura.

Nel 1938 fu soppresso anche l’«Echo des Valleés», giornale delle chiese delle Valli, con questa motivazione: «Conserva in genere un atteggiamento estraneo o ostile al regime e fa propaganda per la diffusione della lingua francese fra i cittadini italiani».Nel 1939, dopo lunghe trattative, usciva «L’Eco delle Valli valdesi» in lingua italiana. Anche durante il fascismo la Società di Studi Valdesi non modificò il suo obiettivo e la sua natura, confermando di voler promuovere «la pubblicazione di studi e la ricerca di documenti concernenti la storia dei Valdesi e della Riforma Protestante in Italia» e accogliendo nell’organo direttivo – il Seggio – fin dal 1938, personalità impegnate nella ricerca storica, come Arturo Pascal o, negli anni Quaranta, professori del Collegio valdese come Augusto Armand Hugon. Nel dopoguerra al Bollettino cominciò a collaborare il giovane storico Giorgio Spini, mentre circolava nelle sue pagine il nome di Delio Cantimori, maestro di una generazione di storici impegnati a indagare le tante e diverse esperienze della Riforma religiosa in Italia nel XVI secolo, al di fuori di condizionamenti di chiese e appartenenze. In seguito iniziarono ad essere oggetto di attenzione gli scritti di Franco Venturi, il grande storico dell’illuminismo nel solco della cultura laica italiana.

Un passaggio che sarebbe divenuto decisivo si registrò nell’assemblea del 3 settembre 1945, quando fu proposta una Giornata di Studi valdesi «in cui si presentino e si discutano uno o più argomenti storici o filosofici o letterari, che si riferiscano al pensiero protestante e diano luogo ad un utile scambio d’idee». Era l’inizio di un esperimento che si sarebbe poi trasformato nei Convegni su eresia e Riforma in Italia, in seguito titolati «Convegni di studi su Riforma e movimenti religiosi in Italia», da tenersi immediatamente dopo il Sinodo: essi diventeranno un abituale appuntamento per gli storici italiani e stranieri di tutte le tendenze.

Il Convegno del 1957, primo di una serie che nel 2018 è giunta alla sua cinquantottesima edizione, fu organizzato per iniziativa di Giorgio Spini e Augusto Armand Hugon. Vi parteciparono, tra gli altri, Eugenio Dupré-Theseider, Giovanni Gonnet, Delio Cantimori, Salvatore Caponetto, Giorgio Spini. Gli Atti furono pubblicati nel Bollettino.

Alla scelta dei Convegni come luogo di discussione tra diverse prospettive storiografiche si collegò un profondo mutamento della rivista, grazie soprattutto al presidente della Società, Augusto Armand Hugon, che stimolò la collaborazione di studiosi del Medioevo come Amedeo Molnàr, di storici come Luigi Firpo, Giuseppe Ricuperati, Franco Venturi, Robert M. Kingdon, Adriano Prosperi, Antonio Rotondò, Albano Biondi, Ugo Rozzo, di francesisti come Enea Balmas, che si affiancarono agli studiosi di storia del valdismo. Di conseguenza anche il Bollettino registrò questa nuova stagione di studi e si aprì a temi e orientamenti che andavano oltre i confini della storia del valdismo in senso stretto.Negli anni Settanta la struttura della rivista cominciò a divenire più stabile, con recensioni e schede bibliografiche e con un Comitato di Redazione. Negli anni successivi si strutturò un Comitato scientifico e il Bollettino si aprì definitivamente alle ricerche, ormai numerose nella storiografia italiana, sulle tante espressioni del dissenso religioso che, lungi dall’assorbire passivamente le dottrine protestanti, avevano sviluppato originali prospettive di riforma.

 

La pubblicazione degli Atti dei Convegni – che la Società in quegli anni iniziò a svolgere intorno a temi specifici (“Eretici ed eresie medievali nella storiografia contemporanea”; “Frontiere geografiche e religiose in Italia. Fattori di conflitto e comunicazione nel XVI e XVII secolo”; “La spada e la croce: i cappellani nelle due guerre mondiali”) – diede alla rivista spunti per la discussione e per la pubblicazione. Anche la storia delle eresie medievali e dei valdesi si arricchì di nuovi apporti, mentre iniziarono a proporre i loro contributi alla rivista anche giovani ricercatori impegnati sull’arco temporale dal medioevo all’epoca contemporanea.

Dal giugno 2017, anno che ha coinciso con il cinquecentenario della Riforma protestante, il Bollettino ha cambiato titolazione, diventando Riforma e movimenti religiosi. Rivista della Società di Studi valdesi. Il nuovo titolo vuole essere una chiara manifestazione dell’ampliamento di prospettive che già si augurava quel gruppo di intellettuali delle Valli valdesi che alla fine dell’Ottocento aveva affrontato l’avventura del Bulletin. Sulla traccia di questa ricca tradizione, che ha avuto la forza di espandersi grazie a prospettive pluralistiche, e lungi dallo sminuire l’identità della Società di Studi Valdesi né tanto meno il carattere storico della sua rivista, Riforma e movimenti religiosi potrà continuare ad offrire uno spazio di dibattito aperto alle voci più vive della ricerca.

Questo perlomeno è il nostro auspicio.